Quando mia nonna aveva
13 anni, i ragazzini suoi coetanei giravano per la campagna tortonese
propagandando le proprie convinzioni politiche.
Quando mia nonna aveva
15 anni, lei e i suoi amici organizzarono una trasmissione radiofonica, per
spiegare quello che stava accadendo nell’Europa del dopoguerra.
Mia nonna conserva
ancora il disco di vinile su cui è registrato il discorso di Mussolini e
continua a commuoversi raccontando la difesa di De Gasperi in favore
dell’Italia; e mia nonna è nata nel 1933, in una famiglia di contadini.
In un bel film di
qualche anno fa, si fa notare che a 18 anni ci interroghiamo sul senso della
vita, mentre a 40 non ce ne frega più un cazzo.
Forse anche la nostra
Europa è un adulto disilluso: possediamo la libertà da un tempo abbastanza
lungo da aver perso l’entusiasmo di
esercitarla.
Per noi semplicemente
“fa tutto schifo”, e non ci illudiamo che qualcosa possa cambiare.
Ben lungi dal
consigliarvi di astenervi dal dare giudizi (sono una criticona e un’amante
appassionata della presa in giro senza pietà), mi chiedo se non sarebbe
opportuno costruire qualcosa di nuovo, sulle macerie di un mondo che tanto ci
repelle.
Ammetto che non sia
facile entrare nel pronto soccorso dell’ospedale di Novi senza provare un certo
sconforto, ma forse così stiamo esagerando; insomma, d’accordo polemizzare
contro l’iniquità, ma dopo 15 anni di scuola è ora di smetterla di criticare il
primo della classe perché “la mamma lo aiuta coi compiti, i genitori gli pagano
le ripetizioni, i professori lo favoriscono perché è più bello” (ogni
riferimento non è puramente casuale).
Basta giustificazioni;
se qualcosa, qualunque cosa, “fa schifo” vale la pena tentare di cambiarla.
Tanto più se si tratta della società nella quale siamo destinati a crescere i
nostri figli. La società è le nostre gambe e le nostre braccia, è uno spazio
nel quale dovremmo sentirci liberi di agire e realizzarci. Interessarsi alla
politica, per un adolescente spaesato, potrebbe voler dire trovare un senso a
quello che si fa, trovare se stessi attraverso un progetto, come comprare una
casa, scegliere una facoltà universitaria, o allevare un cane. Per “far
politica”, non è necessario andare lontano, almeno non da subito. Basterebbe
riuscire a pensare che frequentare la scuola al pomeriggio non è motivo di
imbarazzo, ma un modo per alimentare una comunità.
Vivere di se stessi,
del proprio spirito e della propria immaginazione, sarebbe meraviglioso; ma,
nella storia dell’umanità, ci sono riusciti in pochi. Se ci ostiniamo a
perseguire questa ambizione, butteremo via quella briciola di originalità e di
forza che ci compone; se consideriamo ognuno di noi come il tassello di un
enorme puzzle, forse quel frammento non andrà del tutto sprecato.
Vi chiedete quale
legame esiste tra il titolo e il contenuto di questo testo?
Nessuno.
Se vi avessi
preannunciato di aver scritto un articolo che vi invita ad avvicinarvi alla
politica, non l’avreste mai letto.
Cecilia Pagella
Geniale Ceci, grande!!
RispondiEliminaYooo! Il commento serio lo risparmio per quanto ci rivedremo, se mai potró uscire di nuovo di casa! Ma c'è molto dell'eugepensiero in quello che hai scritto! Entusiasmo e ironia! E un pizzico di genio (nel titolo). Brava!
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