Come sia
possibile che io riesca costantemente ad arrivare in ritardo ovunque resta un
mistero mica facile da svelare! Rimane occulto anche perché si contino sulle dita di una mano le poche volte in cui io sia giunto in anticipo,nonostante i provvidenziali passaggi in macchina della mia vicina (che, in
caso stia leggendo, ringrazio di cuore). Sono perciò uno specialista rinomato e
rispettato in questo campo, e vi posso dire se siete affetti da una sindrome da
ritardo cronico.
Per
diagnosticare questa patologia è necessario contare il numero di volte in cui
Beppe (portiere ufficiale) chiude la porta appena dopo di voi in una settimana. Se addirittura vi
aspetta per farlo, allora è davvero grave. Vorrei fare però una precisazione:
nonostante io sia costantemente un ritardatario, sono ben poche le volte in cui
ho dovuto portare una giustificazione. Tutto culo, direte voi, tutta
abilità, dirò io.
Ritornando
sui nostri passi, i sintomi della sindrome da ritardo cronico sono molti e
diversi per i giorni della settimana: nei primi giorni, lunedì e martedì,
massimo mercoledì, proprio se i vostri animi sono dolci e puri, si prova ansia e angoscia all’idea di arrivare
tardi. Si Inizia a correre, o almeno si ansima, o ci si immagina nell’atto di accelerare
il passo, sperando di recuperare secondi preziosi. Verso la fine, con apice il
sabato, l’idea di ritardare non spaventerà più. Dopo tutti quei giorni di
scuola si sarà così debilitati da non provare più né sconforto né timore. Si
estinguerà la riverenza nei confronti del campanello. “Che il professore mi dica
pure di portare la giustificazione”, “io, adesso, di correre per arrivare in quella camera
di torture, a farmi interrogare, non ne ho proprio voglia! Che s’arrangi!” sono
frasi tipiche pronunciate da malati di questa sindrome.
C’è poi
sempre quel professore più in ritardo di noi, che diventa come il protettore di
tutti i ritardatari, il santino, colui che ci protegge, perché è peggio di noi.
Terribile, per i poveri affetti dalla sindrome, è lo sconforto che si prova
quando si arriva da Lasagna nella piazza dei pullman. Vedere un’arida e
desolata landa di asfalto senza più nessuno è un brutto presagio. Vuol dire che
si è davvero in ritardo. Si strizzano gli occhi per scorgere all’orizzonte
qualche zombie che affretta il passo, ma il più delle volte non si trova nemmeno un gruppetto di pendolari dei pullman nel quale rifugiarsi e confondersi.
Una brezza gelida spazza il sentiero, e una cartaccia rotola dando un tocco
western alla scena.
E sarete
sicuramente ritardatari cronici se inveirete contro i semafori che vi bloccano
la strada, se le regole della strada saranno solo ricordi e se escogiterete
tutti i modi per guadagnare qualche secondo, qualche metro, passando tra le
macchine parcheggiate, in scorciatoie sconosciute, superando abilmente le buche
nel selciato.
Le cause di
questa grave sindrome sono da ricercare in un profondo zelo personale nel non
arrendersi alle durezze della vita. Vorremmo procrastinare il più possibile
l’arrivo a scuola, anche se magari, non ci dispiace così tanto. È un modo
silenzioso e poco efficace, ma pur sempre un modo, di protestare, contro le
agonie della sorte. Cura: passate meno tempo a farvi belli la mattina e uscite
prima!! Ma lavatevi!
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