giovedì 20 dicembre 2012

Lady Toriale

Giulia Bottaro & Veronica Repetti

Cari ragazzi e ragazze dell’Amaldi-Doria, vi presentiamo l'edizione natalizia/finedelmondizia nonché secondo numero del Giornalino.
Speriamo di poter riconfermare le vostre aspettative e di superarle -cosa che accadrà sicuramente.
Siete pronti a gonfiarvi di panettone (quelli di Ascolta l'Africa)? A dichiararvi battaglia di datteri? Ad alzare il gomito affrontare in modo consapevole la notte di San Silvestro? A trovare tanto carbone nella vostra calzetta (sicuri che non sia solo sporca?)?

Beh, ma chissenefrega delle feste. Il mondo finisce domani, no?
No.
Questa dovrebbe essere la nostra ultima pubblicazione?
No.
Le nostre giuovini vite verranno recise proprio mentre saremo a scuola, all'apice dell'apprendimento?
No, no e no.

Non vi diremo di correre a confessare i vostri sentimenti più intimi a ignari sconosciuti, né di rendere pubbliche le vostre idee più inedite (ricordatevi che il copyright è importante), né di mandare a cagare le autorità , né di strafogarvi di torte se avete il diabete, né di buttare libri scolastici dalla finestra, né di girare nudi per strada per affermare le vostre libertà, né di andare a rubare nei negozi tentando di anticipare i saldi di gennaio che non arriveranno mai, e così via.
Il mondo potrebbe non finire, ma la vostra vita sociale sì.

Quindi, calmate gli spiriti e niente panico! Approfittatene per organizzare feste, pizzate e quant'altro. Divertiamoci, siamo giovani! (consapevolmente, però)

Ah, ma soprattutto, quasi dimenticavamo, prima dell'eventuale fine del mondo: leggete il nostro Giornalino!

Vi auguriamo felici feste.

Riflessioni casuali sul concetto di “fama”



Pietro Rampini

A causa dei mezzi di informazione del giorno d’oggi vediamo sempre più spesso alcune persone diventare “famose” e per un tempo sempre più breve. Si prendano ad esempio i concorrenti dei cosiddetti “reality show”: vengono osservati ogni giorno da migliaia di persone che (e questo, a mio parere, è molto triste) a quanto pare non hanno nulla di meglio da fare. Una volta terminato il programma  i loro nomi rimangono sulla bocca di tutti per qualche tempo. Se lo meritano: non hanno fatto nulla per dei mesi e sono stati profumatamente remunerati. Nel giro di un paio d’anni quelli che “esistono” ancora sono veramente pochi.

I “talent show” sono fatti della stessa pasta, ma hanno leggermente più significato: almeno chi vince sa fare qualcosa di particolare, e lo sa fare bene…  Sono opportunità per lanciare qualcuno che sogna di diventare famoso per ciò che è in grado di “fare”, nonostante, in fondo, si tratti sempre della solita spazzatura del piccolo schermo e la celebrità ottenuta sia spesso alquanto effimera.

La fama guadagnata tramite internet è, a mio parere, più “accessibile” e talvolta meritata. Molti l’hanno ottenuta, per esempio, pubblicando un proprio video su Youtube: troviamo su questo sito chi fa sorridere, chi racconta verità interessanti, chi dà lezioni di qualunque disciplina e chi, semplicemente, esibisce il proprio talento, ma una cosa è comune a tutti: una volta conquistato il “pubblico” con un primo video, possono stare certi che i loro fans andranno immediatamente a vedere il secondo non appena verrà pubblicato.

Questa può senz’altro essere definita “fama”, sebbene sia circoscritta al solo mondo di internet e spesso limitata.

Passiamo adesso ad un punto di vista ancora più all’ordine del giorno, al sito più accessibile: Facebook.

La finta “fama” proposta da questa piattaforma sociale potrebbe essere targata da alcuni come “droga pericolosa”. Esistono persone che commetterebbero reati pur di ottenere un elevato numero di “mi piace”.

Certo, ammetto che finchè si tratta di constatare che la frase scritta o l’ultima foto pubblicata hanno ottenuto successo, è normale che faccia piacere ottenere consensi. Quando si tratta invece di scrivere, pubblicare o addirittura (e soprattutto) copiare idee altrui per ricevere degli insulsi “mi piace”, allora secondo me si varcano i limiti del buon senso. A cosa servono? A quanto pare esistono persone che ci comprano la focaccia dal panettiere, coi “mi piace”.

Questo è un esempio del concetto di “fama” che vige sui “social network”. Una volta conquistata la celebrità desiderata e un elevato numero di amici (sconosciuti almeno al 60%), basta scrivere “ciao” per ottenere qualche centinaio di “mi piace”.

Non ho niente contro il gesto in sé: l’incredibile, anzi, l’inconcepibile è il potere che ha questa falsa “fama” sulle persone che sentono, a quanto pare, il bisogno di ottenerla.

Tornando ad un discorso più ampio, ora che ho parlato di queste sfaccettature della fama dovrei almeno definirla; proponiamo alcuni sinonimi: “reputazione, stima, rinomanza: buona, cattiva, grande fama, celebrità, notorietà, grido”, come dice il dizionario. E’ molto oggettivo e non possiamo certo accontentarci, ma emerge un particolare che finora non avevamo ancora considerato: la fama può essere cattiva. Fai una figuraccia? Grazie ai social network tutti lo sapranno nel giro di mezz’ora! Vieni colto in una foto imbarazzante? Non temere, la vedrà chiunque!

Dopo questo excursus possiamo nuovamente analizzare il significato generale del termine: alla fine dei conti è semplicemente l’”essere conosciuti e riconosciuti da tutti”. C’è chi pensa, però, che la vera celebrità sia quella imperitura, quella dei grandi della storia e della letteratura. Come dargli torto? Il “famoso” duro e puro viene ricordato per sempre da tutte le generazioni che, volenti o nolenti, dovranno studiarne persino la vita nei dettagli. Condivido in pieno questo pensiero e aggiungo che le persone che meritano veramente di essere ricordate sono quelle che hanno lasciato qualcosa all’umanità, da un libro, a un film, a un’invenzione di utilità pratica, ad un’opera d’arte, da una canzone ad una tecnica per suonare, da un grande dono fatto al genere umano, a profonde e infinite emozioni regalate ai proprio fans, e molto altro.

Ma, in fondo, non m’importa che tu sia famoso, schiavo di Facebook, vincitore di un reality show o altro. Non m’importa se tu, lettore, hai capito quello che ho scritto in questo articolo, se condividi le mie riflessioni (molte delle quali anche abbastanza campate per aria, lo ammetto), se hai seguito ogni singola frase con tutto te stesso o se ti rimarrà qualcosa una volta finito di leggere. Quello che mi importa veramente troppo, più di un’altra cosa al mondo, è che tu mi metta “mi piace”.

Novità Cinematografiche che la pigrizia ci impedirà di cogliere

Alessandro Tacchino


Ragazzi, si avvicina il Natale; e so che con questa rivelazione potrei anche aver turbato i più fragili, emotivamente parlando, ma mi sentivo in dovere di informarvi. E diciamo pure che non tutti hanno una voglia matta di andare al cinema, la suddetta sera, nonostante in sala ci sia uno dei film più attesi della storia: "Lo Hobbit, Un Viaggio Inaspettato". Infatti, onde conservare tutti i miei lettori, che immagino quanti possano essere, non lo recensirò, ma vi consiglierò amabilmente i lungometraggi che potrete guardare sdraiati in modo scomposto sul vostro divano (ovvero, i dvd del mese). Dobbiamo confessarlo, anche a noi stessi: dopo il pranzo di Natale, dopo aver finto allegria e generosità per tutta la durata della visita dei parenti e, soprattutto, dopo il primo cedimento delle gambe, costrette a sorreggere i venti chili di lasagne o ravioli o altri piatti tradizionali ingurgitati tra una risata e l'altra, non si ha voglia di fare niente. E' inevitabile, è un peccato perché ci sarebbero ancora i piatti da mettere in lavastoviglie, il pavimento da spazzare, ma la pigrizia che ci pervade si impone come una divinità, e noi, sempre ligi alla religione, la rispettiamo. Bene, ora che siamo seduti come un Buddha di ceramica sulla nostra poltrona sfondata preferita, e nella speranza di avere il telecomando accanto e il dvd inserito, il mondo fuori potrebbe anche venire giù come un castello di carte e a noi non potrebbe importare meno. Ma, nel caso il prodigioso disco non sia inserito, quale scegliere? So che era una domanda pressante e fondamentale per la serenità della vostra esistenza, perciò vi darò la risposta (no, non ringraziatemi vi prego, lo faccio con il cuore). Se proprio vi va di saperlo, io, giusto per sfidare la sorte sino all'ultimo momento, mi riguarderei "2012", e riderei di tutte le scemenze apocalittiche che pronostica e che, se siamo qui a guardarlo, si sono rivelate ciccate, per usare un termine che va di questi tempi. Diciamo che se già due risate ce le facevamo prima a vedere quella limousine che sfrecciava più veloce di una Porsche con la fine del mondo alle spalle, sempre, però, con il timore reverenziale riservato al futuro, davanti al televisore, la pancia piena di schifezze e panettoni di Ascolta l'Africa®, non potremo trattenerci da irriverenti prese in giro e da inviti poco educati a dirigersi in un posto che inizia con "fan" e finisce con "ulo". Però, potreste anche volervi rilassare un po', dunque vi informo che per Natale non è previsto alcun film rilassante, solo sparatutto e complesse e drammatiche storie d'amore. Ma niente panico, se sotto l'albero troverete "Madascar 3", avrete a disposizione la giusta dose di demenza per non pensare a niente e addormentarvi tra una risatina e l'altra. Abbiamo invece un Natale pieno di supereroi (si vede che la paura dell'Apocalisse ha toccato anche gli alti vertici delle classi sociali), con i film "The Amazing Spider-Man" e "Il Cavaliere Oscuro, Il Ritorno". Premetto di avere una passione per entrambi gli eroi presentati, ma, ragazzi, vi garantisco che non riceverete alcuna delusione, anzi, in alcuni casi si andrà oltre le aspettative. Abbiamo, è vero, l'incognita di un nuovo Peter Parker e la deviazione rispetto alla tanta acclamata trilogia (no, scusate, tanto acclamato era solo il primo episodio, gli altri due sono stati un flop), ma l'attore Andrew Garfield interpreta in modo quasi impeccabile i possibili turbamenti di un adolescente che si ritrova a essere per metà ragno, e non sono pochi. Nel ritorno di Batman, be', che dire, abbiamo la garanzia di quel mostro del cinema che è Christopher Nolan che, eccezion fatta per un errore tecnico spaventoso che non rivelerò, ci propone l'ultimo (?) capitolo della trilogia del Cavaliere Oscuro con un ritmo incalzante e la tensione alta costante. Niente da dire poi sulle storie d'amore strappalacrime, che se qualcuno avesse voglia di sorbirsele (perdonate ancora il linguaggio), la scelta sarebbe molto ampia e ho anche letto che questi film fanno dimagrire! O forse erano i film horror a farlo, non mi ricordo. Comunque a me non piacciono le commedie romantiche, quindi non ve ne consiglio. Ma approfitto di quest'ultima riga per fare lo sdolcinato: auguri a tutti di un buon Natale, mi raccomando non siate troppo materialisti nel chiedere regali, pensate anche alla pace nel Mondo e alle cose belle come l'amore e le farfalle e la neve. So che non lo farete, non lo farò neanch'io, però dovremmo, invece di dormicchiare stravaccati sul divano a guardare i propri genitori sparecchiare e spazzare e impacchettare avanzi…


 No, ragazzi, stavo scherzando, è una delle poche soddisfazioni del Natale, non togliamocela.


Buon Natale.

Acnefobia

Veronica Repetti

Presto, sul grande schermo, l’imperdibile lotta dell’umanità contro una minaccia di dimensioni ‘ormonali’, che distruggerà il mondo dalle sue stesse viscere, spargendo sangue e pus al suo passaggio. Chi si salverà? Chi riuscirà a sconfiggere l’invasione aliena di follicoli infiammati e comedoni?
Spesso, davanti allo specchio, ho sentito l’ispirazione per un fenomeno cinematografico di successo mondiale, ma, poi, mi sono ricordata di essere solo una banalissima adolescente, con qualche brufolo di troppo e un’uscita che poteva essere salvata solo dall’intervento di dosi cospicue di fondotinta.
A quasi tutti, credo, sarà capitato almeno una volta di dover fare i conti (magari in modo meno drammatico rispetto al mio) con l’acne.
Esso è un disturbo di origine europea (sempre tutte le fortune, eh?) che lenisce la normale secrezione di sebo della pelle; le  zone più colpite da essa sono: viso, spalle, schiena e  petto.
Informandomi, ho scoperto che le cause sono molteplici, perciò, per cercare di attenuare l’impatto psicologico che potrebbe provocare tale conoscenza, affronterò l’argomento con la massima propensione verso l’Epicureismo, dottrina che “subordina tutta la ricerca filosofica all'esigenza di garantire all'uomo la tranquillità dello spirito”, come mi suggerisce Wikipedia.
Una delle cause principali è il cattivo trattamento della zona affetta, soprattutto se si tratta del viso, infatti molto spesso l’uso di cosmetici determina l’irritazione cutanea e ne provoca l’arrossamento, nonché i fastidiosi “rigonfiamenti”, perciò è semplicemente consigliabile per un certo periodo evitare l’uso di trucchi (nel frattempo imparando a convivere con i follicoli mutanti); lo stress può essere determinante in certi casi, infatti l’accumulo di depressione e preoccupazioni può portare a uno sfogo della pelle, che si risolverà non appena avrete trovato una sorta di pace interiore (buona fortuna); l’alimentazione influenza moltissimo l’affluenza di detestabili vulcani cutanei, per questo sono da limitare i latticini, gli zuccheri, gli alcolici e i grassi (favorendo possibilmente l’inedia); l’acne è associata alla pubertà, quindi non crucciatevi, presto passerà in modo quasi indolore, sempre che non veniate inglobati dai vostri stessi punti neri (ah, no, tranquilli, quelli erano i buchi!); il ciclo mestruale favorisce la nascita dei nostri amici scoppiettanti, ma anche in questo caso non serve preoccuparsi, se ne andranno insieme ai malumori e i dolori lancinanti in meno di una settimana (durante la quale incontrerete sicuramente l’amore della vostra vita, che scapperà indignato per non tornare mai più); in alcuni casi di gravidanza il fenomeno dei foruncoli può accentuarsi, ma anche questo, in 9 mesi circa, sarà solo un ricordo (c’è davvero qualcuna che mentre è incinta si preoccupa dei brufoli? Fosse quello il problema!)
Insomma, tutti noi possiamo essere soggetti a sfoghi d’acne, la domanda è: come liberarsene?
Sono milioni i prodotti consigliati per la pelle, tra risciacqui, scrub e tonici, in molti consigliano invece rimedi naturali, che sono facilmente reperibili in erboristeria, ma anche in un orto ben fornito. Alcuni tramandano la leggenda del dentifricio purificatore, altri consigliano di schiacciare i brufoli per “espellerne” il corpo e il pus, altri ancora sconsigliano invece la suddetta pratica, predicendo terribili secrezioni di sebo che porterebbero solo a moltiplicazioni del problema.
Insomma, purtroppo, non sono in grado di fornirvi una risposta certa. Io stessa, molto spesso, mi affido un po’ al caso, incrociando le dita e svolgendo riti apotropaici improbabili.
Ma forse non tutti i mali vengono a nuocere.
O forse, semplicemente, non tutti i mali sono risolvibili.
Non volontariamente, almeno.
Quindi non torturiamoci psicologicamente: la nostra pelle è già abbastanza martoriata di suo.
Chiara Bovone
Chiara Bovone

Guida ai regali di Natale

Mirlinda Meta
E' quasi Natale: le luci (che stranamente quest'anno a Novi hanno messo a dicembre e non a ottobre), le vetrine e questo maledetto freddo ne preannunciano il sempre più imminente arrivo.

Brutta cosa per il portafoglio, lo spirito natalizio, soprattutto perché, presi da quest'atmosfera "magica", in molti vengono colpiti dalla S.E.B.N.I., la Sindrome da Elfo di Babbo Natale Impazzito, che causa una voglia improvvisa e irrefrenabile di comprare e impacchettare compulsivamente regali su regali (oltre a un aumento ponderale di millemila chili, visto il vizio di intervallare con laute merende le lunghe sessioni di shopping natalizio). Come si può ben intuire, spesso ciò comporta l'acquisto molto avventato di regali molto brutti (calzini orrendi a tema natalizio, il nuovo libro di Bruno Vespa ecc…)

Questa mini guida potrà aiutare voi che soffrite di S.E.B.N.I., ma anche chi semplicemente non ha idee, a trovare il regalo giusto, adatto alla persona a cui volete donarlo.


per l'amico appassionato di Harry Potter e/o fissato con i gialli:

- il nuovo libro di J.K. Rowling: "Il posto vacante".


per la propria tipa:

- Qui, ragazzi, sta a voi cercare di ricordare da soli o con l'aiuto delle sue amiche (a cui sicuramente lei avrà già impartito ordini precisi su cosa dire) le cose che le piacciono di più. Il mio consiglio in questo caso è quello di non essere taccagni. Davvero, non siatelo.


per il proprio tipo:

- Ragazze, lui è già molto fortunato ad avervi accanto, quindi non vi preoccupate, qualsiasi cosa gli facciate, apprezzerà.


per l'amica vanitosa:

- abbonamento ad un giornale di moda.


per l'amico hi tech:

- una cover per l'iphone personalizzata.


per l'amica particolare:

- il libro dell'oroscopo 2013 accompagnato da una pietra portafortuna (se volete risparmiare potete prendere una pietra a caso dal vostro giardino, colorarla un po' e spacciarla come oggetto mistico).


per la mamma:

- La mamma è sempre la mamma, ma il budget è limitato, visto che siete degli studenti probabilmente privi di stipendio; puntate sul fatto che non potete permettervi niente, che se poteste le regalereste il mondo ma, visto che possibilità non ne avete, ditele di accontentarsi del vostro eterno affetto e di quel bigliettino musicale in offerta a 0.99 euro sul tavolo della cucina.


per il papà:

- Stesso discorso della mamma vale anche per il papà. Anche se sarebbe carino se compraste due bigliettini diversi. Lo stesso per entrambi sarebbe un po' squallido.



Chiara Bovone

Vicini di banco: esemplari e comportamenti

Lorenzo Sciurti

Partendo dal presupposto che ormai i “Vicini di Banco”, così generalmente chiamati, hanno assunto sfaccettature sempre più particolari che sono diventate troppo complesse anche per gli studiosi, questo elenco si propone di definire solo le linee generali degli esemplari più comuni ed indicarne i comportamenti caratteristici.
I NAPOLEONI: sono la specie più aggressiva che tende a sorpassare il territorio neutro ed entrare nei vostri confini: diffidate di loro, mettete subito le cose in chiaro, ma soprattutto non concedete mai e poi mai nemmeno un angolino di foglio sul vostro banco, “offrite un dito e si prenderanno il braccio intero”. Sono però gentili in fatto di prestare cancelleria e materiale scolastico in generale, atteggiamento che usano per scusarsi dell'eccessiva invadenza o tecnica sopraffina di spionaggio e infiltrazione nel vostro zaino.
Gli ORSI IN LETARGO: ideali se preferite una permanenza tranquilla, la loro presenza si nota solamente nel cambio d'ora e nell'intervallo. Trascorrono infatti il loro tempo rannicchiati sul gomito con gli occhi chiusi (nei casi più cronici) o pasticciando il libro, nei casi meno gravi. Attenzione: diventano feroci se svegliati bruscamente.
I “MI DAI I COMPITI?”: il loro caratteristico verso rende manifesto quello che cercano costantemente: compiti da copiare. Esperti in scrittura-lampo, sono i moderni amanuensi, capaci di copiare un'intera facciata di esercizi di ogni tipo in meno di cinque minuti. Agiscono furtivamente durante i cambi d'ora, intervalli e assemblee; tuttavia sono cordiali e simpatici e la loro mano fulminea è fonte di ottimi appunti utilizzabili come merce di scambio. Due esemplari simili non possono coabitare nello stesso banco.
Le ENCICLOPEDIE: i classici esempi di studenti modello e ideali compagni di banco: sanno sempre cosa portare, fanno sempre i compiti, i loro quaderni e i loro astucci sono sempre completi e ordinati, se non sapete qualcosa e siete interpellati vi possono suggerire. Sono i compagni perfetti dei “Mi dai i compiti”, ma raramente li vediamo insieme: preferiscono stare con esemplari della loro specie.
I MASOCHISTI (sottospecie della precedente): particolarmente odiosi, sono quelli che alla domanda “chi inizia a correggere?” rispondono “io io io!!!” coinvolgendo inevitabilmente anche voi seduti accanto. Naturalmente non avrete fatto l'esercizio e vi prenderete una bella ramanzina, nel migliore dei casi.
I KINDER: normalissimi se non fosse per il loro portafoglio sempre tintinnante di monetine: entrano in azione all'intervallo in prossimità delle macchinette, la vostra vicinanza in fatto di banco potrebbe essere motivo di particolari privilegi.
I JOKER: razza subdola ma simpatica, a colpo d'occhio è invisibile. State sicuri, però, ché non aspetteranno molto a manifestare la loro natura facendovi il solletico mentre state leggendo, togliendovi la sedia da sotto il sedere o scarabocchiandovi i quaderni. Non tentate una guerra con loro: la loro esperienza vi atomizzerà.
I MARTIRI: sono la specie che mette più tristezza in assoluto. Loro sono quelli che escono dalla consegna dei compiti in classe più devastati: è vostro dovere aiutarli a superare la depressione e a raggiungere la sufficienza. Due simili riescono a positivizzare ogni situazione.
Molto interessanti sono anche le migrazioni che avvengono nell'ecosistema-classe: la più comune è quella che avviene nei primi giorni dell'anno scolastico ovvero quella che vede spostarsi principalmente la specie dei “mi dai i compiti” verso la zona a ridosso della cattedra e il consecutivo allontanamento forzato delle “enciclopedie”. Stabili sono i “kinder” nei pressi della porta, ascoltano il richiamo delle macchinette, e degli “orsi in letargo”contro la parete.

Le (in)soddisfazioni di un "te l'avevo detto"

Luca Bottazzi

Sarà senza dubbio capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di porre o subire questa affermazione: Te l’avevo detto.
Dietro di essa si celano una moltitudine di significati, alcuni chiari, altri ignoti; comunque sia, rinfacciare una risposta sbagliata, un errore o una qualsiasi azione imbarazzante a un proprio compagno, sotto consiglio dato precedentemente, è qualcosa di fantastico e la fatidica frase scatta in automatico.
Un dialogo classico, che si sviluppa in qualsiasi situazione immaginabile, che da un lato fa crescere un ramo di superbia e arroganza maligna, mentre dall’altro crea imbarazzo o, semplicemente, rabbia nei confronti dell’amico perspicace.
Si può dire “ Te l’avevo detto” quando, dove e come si vuole, è questo il bello. E correggere qualcuno di più grande o di apparentemente più intelligente in un determinato campo regala delle belle emozioni. Il “ Te l’avevo detto” è spesso preceduto da un “ Guarda che”, “Io ti dico” oppure un “Attento che”; tutti questi intercalari rendono la successione della suddetta frase quasi inevitabilmente, come se fosse una regola grammaticale e preannunciano una saporita vittoria di tipo intellettuale, che dura pochi attimi ma che potrà essere riesumata più volte con il celeberrimo  “Ricordi quando.. ? “.
E in questi casi, ‘Te l’avevo detto’ colpisce ancora.
Ci si sente un po’ nelle veci del “Grillo” fiabesco d’altro canto, un po’ saggi e un po’ maestri di situazioni quotidiane con una semplice frase, soddisfatti o meno per il nostro amico ( non facciamo i moralisti, si sarà sempre soddisfatti con un “ Te l’avevo detto” ).
Eppure, come detto prima, non vi è vincitore senza sconfitto; esiste anche Pinocchio!
Infatti se da un lato regala soddisfazioni, dall’altra parte si aggiunge una situazione di umiliazione nell’albo che ormai è stracolmo di figuracce e ricordi che fanno arrossire anche i tuoi amici; loro dalle risate però.
Un “Te l’avevo detto” subito fa innervosire come non mai l’animo umano, provocandone in alcuni casi il collasso con crisi isteriche che non fanno altro che incrementare la soddisfazione personale di colui che l’ha pronunciato.
Sicuramente dopo la rabbia iniziale, che possa essa superare ogni limite di concezione umana, si raggiungerà uno stadio di rassegnazione e il cerchio si completerà con lo sconfitto “Avevi ragione, se solo avessi..”; ma sappiamo benissimo che il “se” è la patente dei falliti, perciò lo si mette spesso da parte.
Esistono ovviamente diversi tipi di “Te l’avevo detto”, quello dell’amico, quello famigliare, quello di uno sconosciuto e il peggiore in assoluto, quello personale.
Non c’è cosa peggiore di essere ammoniti da sé stessi, è qualcosa di crudele, che succede in continuazione nella nostra testa continuamente tempestata da stimoli nervosi.
Ebbene, la soddisfazione può essere grande, tanto quanto l’umiliazione; tutto provocato da quella troppo odiata e amata frase che non si smette di usare nemmeno con l’avanzamento degli anni.
Siamo stati e  saremo di continuo un po’ “Grilli”, o un po’“Pinocchi” nella nostra quotidianità e ciò non cambierà di molto la nostra percezione del mondo.
Ma nella mia testa si sta già preparando ad entrare in azione, e scatterà quando seguirà l’ammonimento da parte della direzione per aver abusato della parola “Te l’avevo detto”.

Parlare Pleonastico

Andrea Bottazzi

Le persone ricorrono spesso a locuzioni pleonastiche, o pleonasmi, per “arricchire” di superficialità i loro discorsi e  per surclassare il loro interlocutore fingendosi dei grandi acculturati della lingua. Ma che cos’è una locuzione pleonastica? “Italianamente” parlando è una frase logicamente superflua, che non aggiunge nulla di nuovo al contesto, “praticamente” parlando: inutilità. Per farvi un esempio (credo che tutti abbiano preso un aereo), al gate dell’aereoporto di solito l’annuncio è questo: “Siamo lieti di iniziare la procedura d’imbarco” quando basta semplicemente dire “Sta iniziando l’imbarco”. Una cosa semplice, concisa e rapida.
 Invece no, la gente aggiunge parole quando vuole che le cose sembrino più importanti di quello che sono in realtà; la procedura d’imbarco sembra una cosa grandiosa quando non lo è, sono solo persone che salgono su una aereo per godersi il loro viaggio di vacanza, lavoro o qualsiasi altra cosa sia.
La gente ha bisogno di attenzione, nel ventunesimo secolo è diventato un must sembrare importanti, ad esempio i meteorologi parlano spesso di “rovesci piovosi, eventi piovosi” perché suonano meglio di “pioggia”; i giornali parlano di “risposte da parte delle forze dell’ordine a situazioni d’emergenza” quando qualsiasi cosa è una situazione e tutto ciò ha la stessa valenza grammaticale del “a me mi”.
Le pubblicità alimentari parlano di “tradizionale”, tralasciando il fatto che personalmente pensando alla tradizione mi vieni in mente quando anche i batteri erano considerati un condimento e di “naturale” senza constatare che anche le scorie chimiche sono, fino a prova contraria, elementi naturali poiché prodotte dall’uomo.
Anche l’uso eccessivo del sostantivo “pre” è diventato spesso fuori luogo: forni pre-riscaldati, tracce pre-registrate, procedura di pre-imbarco (la gente che sale prima di salire?) sono espressioni essenzialmente prive di senso.
Ma i veri maestri di quest’arte sono gli studenti, me compreso, che presi dal panico di un’interrogazione a sorpresa o dal blocco più totale in un tema cominciano ad inserire locuzioni pleonastiche senza fermarsi, a volte sfiorando la presa in giro, girando intorno allo stesso concetto più e più volte sperando di sembrare non solo intelligenti, ma ben preparati sull’argomento cascando inevitabilmente nella banalità.

Le 10 cose da fare prima della fine del mondo

Giulia Murano e Mirlinda Meta


Sei anche tu uno studente facilmente suscettibile? Ogni volta che su Italia 1 vedi la pubblicità dello speciale di Mistero il respiro ti si ferma? Rimani incantato davanti alle "illuminanti" teorie apocalittiche (e, detto fra noi, molto "coerenti") del DOTTOR Roberto Giacobbo? Credi che gli alieni ti tengano sotto controllo? Quando sei con la tua/o ragazza/o qualsiasi cosa stiate facendo dalle tue labbra esce solo la parola "A-PO-CA-LIS-SE"? 
Bene. Questo articolo può causare un aumento accelerato degli "A-PO-CA-LIS-SE" (e giustamente) un conseguente cambio di stato sentimentale su Facebook, incremento di tocchi fugaci e silenziosi di entrambi i genitali, rispondere a qualsiasi domanda con "sta arrivando la fine", fare parecchie ca...volate (perché il mondo, ci spiace deluderti, non finirà!!!), perdita del sonno, paranoie improvvise per qualsiasi rumore e tante altre cose che non abbiamo voglia di scrivere e che non possiamo prevedere..
Tu che sei incuriosito dall'inutilità di questo articolo (oppure, più probabilmente, non sai cosa fare) sarai 
sicuramente il primo a lasciarci le penne se noi ci sbagliassimo e il mondo finisse davvero. Ed ecco una lista delle cose da fare prima di morire, secondo noi:
  1. Escludere Facebook dalla propria vita, nel mese precedente alla fine, così da non leggere gli stati di gente presa male e non farsi del sangue marcio per nulla e potersi godere al meglio i restanti punti della lista.
  2. Concludere la propria esistenza ballando insieme agli altri studenti dell'Amaldi il ritornello di Gangnam Style.
  3. Lanciare senza ritegno diverse paia di mocassini cercando di allontanare irrimediabilmente gli alieni, durante la loro ipotetica invasione.
  4. Costruire con il proprio vecchio, fedele e indistruttibile Nokia uno scudo per affrontare un'eventuale caduta di asteroidi (l'iPhone questa volta non potrà salvarvi..)
  5. Capire il reale motivo dell'ultima moda del momento: i pantaloni militari. Sparare ad ogni essere umano che li possieda con una pistola ad acqua ghiacciata, per poi scappare molto velocemente nella direzione opposta.
  6. Riuscire a prendere un 10, preferibilmente di matematica/versione, senza dover copiare e provare la sensazione di sentirsi un genio, almeno per un attimo (oppure, accontentarsi di un preziosissimo e sudatissimo sei..)
  7. Riuscire a organizzare un party del livello di quelli dei telefilm americani.
  8. Trovare il coraggio di sostituire l'acqua delle bottigliette trovate in giro per la scuola con vodka liscia e passare (e far passare agli altri) una mattinata un po' diversa...
  9. Farsi portare davanti alla propria scuola alle sette e quarantacinque del mattino, cosicché tutti possano vederci arrivare, con la musica preferita al volume massimo, per fare un'entrata epocale fregandosene di ciò che possano pensare gli altri.
  10. E infine, per il punto 10, consigliamo di fare tutte quelle cose che tu sai che avresti dovuto fare, ma proprio non ci riesci. Un messaggio, una chiamata, un saluto, un ritorno, un'andata, un'ammissione, un gesto... Non restare fermo ad aspettare che le cose cambino, sei tu il primo a dover fare in modo che la tua vita migliori, proprio ora: prendi la tua vita in mano e donale un finale con il botto! Se poi il mondo non finirà almeno potrai dire di aver trovato il coraggio di fare qualcosa che hai sempre voluto fare.

Posizione strategica

Ginevra Krbavcic

Quale peggior posizione per una classe se non in fondo al corridoio attaccati al bagno? Questa è la fortuna della nuova aula dove mi trovo. Se sei come me, ritardataria cronica sia all’interno che all’esterno dell’istituto, potrai capire l’angoscia che si prova nell’arrivare all’ultimo minuto e renderti conto che hai ancora da attraversare tutto il corridoio prima di raggiungere la classe. D’accordo: non è quel gran dramma, ma se hai la fortuna di avere una bella verifica o interrogazione in classe ad aspettarti la voglia non è al massimo. Superato questo primo trauma mattutino si prosegue la giornata costretti, a volte, a chiudere porte e finestre (o come faccio io, a condividere la sciarpa imbevuta di profumo con la compagna di banco che ringrazio moltissimo) per non dover trattenere il respiro per via dell’odore di fumo che giunge all’interno della nostra aula sia dai bagni che dalla scala anti-incendio. Sì perché, come se non bastasse, abbiamo anche l’onore di essere attaccati alla scala anti-incendio dove per due volte al giorno possiamo ammirare la “passerella” o lo “stacchetto” (come è stato definito da alcuni professori) delle classi di Ragioneria. Sembrerà strano detto così ma il motivo è molto semplice: i ragazzi che frequentano l’indirizzo sopra al nostro hanno due intervalli, coincidenti con la nostra seconda e quarta ora, nei quali scendono passando per la scala di fianco a noi. Di conseguenza in quei due attimi della mattinata bisogna: chiudere le finestre (per evitare ulteriori odori in classe) e, per nostra sfortuna, chiudere i tendaggi. Questa collocazione può causare anche diverse discussioni a casa. Sembra incredibile! Tipica situazione: le temutissime udienze dove, se nascondi qualcosa, i tuoi genitori lo scopriranno e quando arriverai a casa… BUONA FORTUNA! Vi starete chiedendo il perché di questo inciso, è semplice. Quando la tua classe è in quella posizione è inevitabile guardare fuori dalla finestra; di conseguenza i tuoi genitori arriveranno a casa e ti diranno “piantala di guardare fuori dalla finestra”. Beh, scusate, ma se voi foste al nostro posto non fareste la stessa cosa? Sapendo che da quella scala scendono dei vostri amici, che magari vedete raramente, è inevitabile voltarsi a salutarli. Questo articolo vi sembrerà una velata critica alla posizione della nostra classe, in realtà è l’esatto contrario. Ormai ci siamo affezionati alla nostra posizione e, soprattutto, alle nostre distrazioni.

Sindrome da Ritardo Cronico

Come sia possibile che io riesca costantemente ad arrivare in ritardo ovunque resta un mistero mica facile da svelare! Rimane occulto anche perché si contino sulle dita di una mano le poche volte in cui io sia giunto in anticipo,nonostante i provvidenziali passaggi in macchina della mia vicina (che, in caso stia leggendo, ringrazio di cuore). Sono perciò uno specialista rinomato e rispettato in questo campo, e vi posso dire se siete affetti da una sindrome da ritardo cronico.
Per diagnosticare questa patologia è necessario contare il numero di volte in cui Beppe (portiere ufficiale) chiude la porta appena dopo di voi in una settimana. Se addirittura vi aspetta per farlo, allora è davvero grave. Vorrei fare però una precisazione: nonostante io sia costantemente un ritardatario, sono ben poche le volte in cui ho dovuto portare una giustificazione. Tutto culo, direte voi, tutta abilità, dirò io.
Ritornando sui nostri passi, i sintomi della sindrome da ritardo cronico sono molti e diversi per i giorni della settimana: nei primi giorni, lunedì e martedì, massimo mercoledì, proprio se i vostri animi sono dolci e puri,  si prova ansia e angoscia all’idea di arrivare tardi. Si Inizia a correre, o almeno si ansima, o ci si immagina nell’atto di accelerare il passo, sperando di recuperare secondi preziosi. Verso la fine, con apice il sabato, l’idea di ritardare non spaventerà più. Dopo tutti quei giorni di scuola si sarà così debilitati da non provare più né sconforto né timore. Si estinguerà la riverenza nei confronti del campanello. “Che il professore mi dica pure di portare la giustificazione”, “io, adesso, di correre per arrivare in quella camera di torture, a farmi interrogare, non ne ho proprio voglia! Che s’arrangi!” sono frasi tipiche pronunciate da malati di questa sindrome.
C’è poi sempre quel professore più in ritardo di noi, che diventa come il protettore di tutti i ritardatari, il santino, colui che ci protegge, perché è peggio di noi.
Terribile, per i poveri affetti dalla sindrome, è lo sconforto che si prova quando si arriva da Lasagna nella piazza dei pullman. Vedere un’arida e desolata landa di asfalto senza più nessuno è un brutto presagio. Vuol dire che si è davvero in ritardo. Si strizzano gli occhi per scorgere all’orizzonte qualche zombie che affretta il passo, ma il più delle volte non si trova nemmeno un gruppetto di pendolari dei pullman nel quale rifugiarsi e confondersi. Una brezza gelida spazza il sentiero, e una cartaccia rotola dando un tocco western alla scena.
E sarete sicuramente ritardatari cronici se inveirete contro i semafori che vi bloccano la strada, se le regole della strada saranno solo ricordi e se escogiterete tutti i modi per guadagnare qualche secondo, qualche metro, passando tra le macchine parcheggiate, in scorciatoie sconosciute, superando abilmente le buche nel selciato.
Le cause di questa grave sindrome sono da ricercare in un profondo zelo personale nel non arrendersi alle durezze della vita. Vorremmo procrastinare il più possibile l’arrivo a scuola, anche se magari, non ci dispiace così tanto. È un modo silenzioso e poco efficace, ma pur sempre un modo, di protestare, contro le agonie della sorte. Cura: passate meno tempo a farvi belli la mattina e uscite prima!! Ma lavatevi!

Cosa faresti se il mondo finisse domani?

Marta Ferrarazzo


Un pomeriggio in cui stranamente non ero sommersa dalla studio stavo navigando fra i più disparati siti della rete alla ricerca di ispirazioni per il mio articolo, quando mi sono imbattuta nella notizia che ha monopolizzato gli ultimi dieci mesi: “Il 21 dicembre il mondo finirà”. 
Non ho mai creduto a nulla del genere. 
Il fatto è che siamo arrivati a novembre, e seguendo il calendario dei nostri pessimistici predecessori (i Maya), la Terra dovrebbe vedere la sua fine fra meno di un mese. “Ho solo quattro misere settimane di vita?!”questa è la domanda che sorge spontanea. In effetti, gli ultimi aggiornamenti sul caso (ciascuno affermante di essere “l’unico e originale” e di provenire “direttamente dalla NASA”) sembrano proprio avvalorare l’ipotesi della fine del mondo. Si parla di terribili tempeste solari, apocalittici allineamenti di pianeti e tragici impatti sul suolo terrestre da parte di asteroidi di dimensioni ciclopiche. Come ho già detto, non ho mai preso molto sul serio queste affermazioni. Ma per la prima volta mi sono fermata e posta questa domanda: “E se fosse vero?!” Già: poniamo il caso che, mentre ci troviamo seduti belli comodi sul divano a caccia di programmi interessanti, ci appaia Obama sullo schermo che, col cuore affranto, ci avvisa che il mondo finirà davvero (povero Barack, appena rieletto e già si trova a fare i conti con disastri naturali). A parte il fatto che non potrà mai succedere nulla di tutto questo, perché nelle pellicole fantascientifiche gli ultimi che vengono a sapere della fine del mondo sono i civili, che cosa faremmo a questo punto? Di sicuro, inizialmente, rimarremmo lì imbambolati, col telecomando che ci cade dalle mani e gli occhi spalancati. Poi correremmo a guardare sul calendario per verificare che non sia il primo d’aprile e che non sia stato tutto un scherzo (ah no giusto, siamo a novembre). Infine, dopo esserci rassegnati al triste destino, ci risiederemmo sul divano. E cominceremmo a pensare. O almeno, io lo farei. Innanzitutto penserei a come potrei impiegare queste quattro settimane (tanto le catastrofi cominciano sempre da New York, quindi prima che arrivi in Europa passerà più di un mese): oltre a provare tutto quello che ho sempre sognato di fare (come lanciarmi col paracadute dal Cristo Redentore di Rio de Janeiro, fare sci d’acqua, andare in vacanza alle Hawaii e… no, a New York non ci vado più), mi verrebbe da riflettere sulla vita. Esatto, cadrei in una profonda analisi filosofica e psicologica (dopotutto sono delle Scienze Umane) dei momenti che ho trascorso, della mia permanenza sulla Terra di soli…15 anni. 15 anni?! Sono veramente pochi se penso a tutto il tempo che ha preceduto la mia nascita. Eppure sono bastati a farmi capire che il mondo è un luogo del tutto strano e incomprensibile: la natura ci inganna, ci illude di averla sottomessa, ci fa credere di essere i re del mondo… e poi, quando meno ce l’aspettiamo, ci toglie tutto, e ci mostra CHI comanda veramente. Comanda il Mondo, non l’uomo. E allora arrivano le lacrime, i rimpianti, le urla, ma ormai è troppo tardi… e cosa può fare l’uomo contro tale potenza?! Niente. Solo riprovare. E attendere un’altra catastrofe. È una visione un po’ pessimista, lo ammetto, ma sono sempre più convinta che la vita sia un insensato circolo naturale, in cui a noi a volte emergiamo e a volte soccombiamo, e a seconda di come capita ci troviamo in posizioni favorevoli e sfavorevoli. Certo, possiamo prendere decisioni, vie diverse, ma alla fine saremo sempre un po’ influenzati dal circolo naturale. E allora, se la vita è così incostante, perché stare al mondo? La verità è che non l’abbiamo scelto noi. Ma se anche avessimo potuto, penso che ognuno di noi avrebbe voluto provare l’eccitazione di VIVERE. Perché l’uomo, purtroppo o per fortuna, ha tendenze leggermente masochiste: lui ama mettersi alla prova, perdere, riprovare, vincere, non accontentarsi, riprovare, perdere di nuovo, rivincere… e forse è proprio questo il bello di vivere: una lotta continua, stancante, ma una lotta felice, perché compiuta con chi amiamo al nostro fianco. Bè, se non altro ora so cosa farei se il mondo finisse tra non molti giorni. Penserei e, dopo, scriverei le mie riflessioni. E voi che fareste? Aspettereste inermi la catastrofe o lottereste per salvare l’Umanità? Non sarebbe male se ognuno dicesse la sua. Soprattutto ora che per scrivere un commento non si deve neanche fare la fatica di prendere in mano la penna (ci pensa il computer).
Va bene, devo ammettere che come articolo del numero natalizio è un po’ troppo serio, ma che volete farci, quando arriva l’ispirazione…
Sapete una cosa? A dire il vero mi sono accorta che sulla rete c’era anche un’altra notizia “ufficiale” in cui si smentiva tutto… niente fine del mondo, quindi. “E allora perché hai scritto questo articolo?!” Avete ragione. Non lo so nemmeno io. Forse solo per riempire lo spazio bianco o perché… volevo farvi capire quanto il nostro mondo sia importante, e quanto io lo ami, nonostante tutti i suoi difetti.

Top 10 foods you must try before you die

Simona Bisiani

1. Salty liquorice – people who know me well will probably snort reading this, but I'm serious. A life without those candies is not worth living. Basically, when you eat one of them you feel like a fire is burning within the tissues of your body, a sensation difficult to stand. The only thing to do is to yield to the emotion that pervades you. Not many people survive this experience. Are you going to be part of the chosen ones? At least try – then tell me.

2.THE CHICKEN MAYO SANDWICH - if you have ever been to the UK, you probably complaint about the terrible quality of the food served there. But, after being affected by the English fixation for the junk food, I decided to convert myself and to worship a new God. The Chicken Mayo creator. His sons, lovely sandwiches filled with a mixture of cooked chicken and mayo cream (without garlic), are everywhere, you can find them at Sainsbury's, at Marks and Spencer, at Tesco or even at the chic Waitrose. The price is low, and it's definitively healthier than food sold in chains like Mc Donald's or KFC.

3.Normal chips with tacos spices - when I realised that the food I had always been eating was boring, I decided to create something new with just one target: it had to be crunchy and tasty. So why don't put together chips, the crunchiest food ever, and mexican tacos spices, well known for their strong flavor?
The result is a concrete satisfaction of your appetite! Nothing could be more easier.

4. Bagel (or beigel) – Created in Poland, this round shaped bread will just seduce your senses with its particular sweet taste and tenderness due to the butter added to the filling. I developed the idea that it is born to satisfy the hunger of the very early morning, after a night of wandering in the city streets under the effect of strong cans of cider, but the true story is far more interesting and has deep roots in the Jewish and Polish tradition.

5. ELK Meatballs (strictly with blueberry jam) - never tried? This amazing dish, a tipical Swedish one, reminds me the scandinavian atmosphere of the lunchtime in the veranda, after pulling up the national flag with a consequent feeling of patriotism. A tender meat easy to cook, usually accompanied by potatoes. If you want to get out of the italian carbohydrates diet, check this meal out. Eating that in a house full of furniture from IKEA increase the sensation of full immersion in the Lapponian country.

6.brussel sprouts – a dietist, reading my list, would probably feel sick at this point. But the truth is that sometimes even vegetables can occupy a ranking in a top 10 even when it is not the one of the dishes you should never try. Omitting for this time the several benefits of the brussel sprouts, I truly suggest you to try them, boiled in water with both sugar and salt. Simple taste, lovely to see, easy to prepare, and the result is the feeling of being a healthy person for once in your life.

7.Empanadas – no one should ignore what this Argentinian food represents. A filling of spicy meat or vegetables covered by a crunchy paste, well done in the oven. I suggest you to try this one in the streets, in a market with food from different cultures. It is like being transported to South America and its 'ambiente caliente' with strong feelings for the tradition and love for food strictly made in Argentina.

8.Bacio della strega – Once upon a time a witch lived in a cave. Every time a man came by her den, she seduced and killed him with a magic poison hidden inside some irresistible sweets. The only person who survived, a child whose parents told him not to accept candies from strangers, told the story to the world. Well, the candies were reproduced in a small village in the mountains near Genova. Chocolate and muesli mixed together, is there a greater combination of elements?

9.the guacamole ice-cream – Actually, I have never tried it. But a friend who was in Tenerife told me that, after tasting it, he could not imagine his life without it anymore. Even if I usually believe to myself only, I have decided to give space to this proposal, with the willingness to try it in the future. One thing is left to say: if eating this ice-cream requires going to the Canary islands, then, Tenerife, I'm coming!

10.The wok to walk box – The first time I ate it was in Barcelona. Then I found it in Amsterdam, before discovering that in London there is a store as well. Well, I want to explain how it works. You enter the shop, you take a list and a pencil, you sit on a chair and then, OMG, you tick what you want to put in your take away box, you write your name on the top of the piece of paper, then you give it to a chef and you wait it for it to get ready. The variety of ingredients is countless, the sauces are amazing, and the price is very low! The best thing is that you start by deciding the ingredients yourself, then the staff just make it become better than you would imagine. 

La posta del cuore di Maria Carluccia.

Cara Maria Carluccia, ho sedici anni e sto con la mia ragazza da ormai sette mesi e mi sento pronto: voglio convincerla a compiere "il grande passo". Come posso dirglielo in modo delicato?
Con affetto, Gerardo.

Caro Gerardo, è bello che di questi tempi ci siano ancora giovani che credono nel matrimonio. Io punterei su qualcosa di classico e romantico: una cenetta a lume di candela, tu che ti inginocchi e le mostri l'anello. Sicuramente lei apprezzerà, e ti dirà di sì! Ti consiglio di prenotare già il viaggio di nozze, ma di lasciare a lei la scelta della location.
M.C.


Cara Maria Carluccia, da un po' di tempo il mio ragazzo mi evita; non mi bacia più, quando usciamo non mi vuole tenere per mano, non vuole che su Facebook vengano pubblicate le nostre foto insieme, quando siamo in gruppo si allontana... Secondo te si vergogna di me?
Lucilla

Cara Lucilla, non sarà un problema di alitosi? Vuoi un consiglio della nonna? Mischia in un bicchiere due cucchiai d'aceto, un po' d'aglio grattugiato, del caffè in polvere e della cenere di sigaretta, che regala un tono unico all'aroma. Con me funziona! Non vedi quanti uomini mi vogliono baciare?
 M.C.


Cara Maria Carluccia, tutti i giorni all'intervallo vedo una ragazza che fuma sigarette bianche e lunghe, ha un'aria molto chic e seducente, ma non mi guarda mai. Come faccio ad attirare la sua attenzione?
Alfio

Caro Alfio, ho io la soluzione per te. La prossima volta vai da lei e con aria decisa prendile la sigaretta dalle labbra: finalmente ti guarderà e i tuoi occhi potranno lanciare la scintilla. Quando ormai sarà rimasta confusa dal tuo sguardo folgorante, scappa (sempre tenendo la sigaretta in mano)! Se ti ama, ti seguirà...
M.C.


SUPPLEMENTO NATALIZIO DE "LA POSTA DEL CUORE DI MARIA CARLUCCIA"

Cara Maria Carluccia, la mia ragazza mi ha mollato e ora sono single, ma il mio cuore appartiene ancora a lei. Vorrei passare le feste con la mia amata, come posso riconquistarla? Spero tu possa aiutarmi.
Nicolino 
P.S. detto Lino
P.P.S. a volte detto anche Nico

Caro Nicolino detto Lino a volte detto anche Nico, penso che per passare le intere feste di Natale con lei ci sia un'unica soluzione. Travestiti da albero di Natale con decorazioni, puntale e lucine e seguila ovunque, tanto in giro ci sono tantissimi alberi di Natale veri!
Potrai preoccuparti quando vedrà due alberi di Natale diversi in salotto, ma speriamo che non lo noti!
M.C.


Gli schiavi di oggi


Pietro Della Casa

Chi è uno schiavo oggi, nel 2012? Sapremmo riconoscerlo se gli stessimo vicino?
Nella splendida era delle telecomunicazioni,delle comodità e dei diritti universali di ogni uomo, questo numero, 27 milioni di schiavi, farebbe inorridire chiunque, persino gli stessi sfruttatori.
La schiavitù, un metodo di sottomissione che utilizza la violenza, la paura e la povertà ha subito un drastico cambiamento negli ultimi centocinquant’anni, ma non è mai veramente finita.
Quando vediamo una prostituta per la strada un immigrato nei campi coltivati, stiamo osservando uno schiavo? Quanto dolore,fisico e mentale, risiede nei loro corpi stanchi? E’ abbastanza per essere chiamati così? Tutti i giorni li vediamo, eppure non sappiamo cosa fare per loro.
Nel moderno Occidente lo schiavismo è coperto perfino agli occhi di chi ne è vittima, quasi non consapevole di essere un servo, nella civiltà apparentemente giusta, equilibrata ed evoluta che lo circonda.
Un tempo non era così, ma si può dire che i risultati siano gli stessi: milioni di persone private della libertà, a volte fin dalla nascita.
I neri nelle piantagioni del Sud America, il colonialismo nei paesi asiatici non esistono più, ma i loro “frutti” sono ancora ben presenti davanti agli occhi di tutti.
Le enormi dimore patrizie,splendide e perfette,simbolo della grandezza dell’Europa dell’Età Moderna sono solo un esempio della “bellezza malata” che indirettamente ha creato il lavoro di milioni di uomini senza libertà.
Riflettendo, anche oggi è così, nulla è cambiato.
I nostri cellulari, i computer all’avanguardia simboli della nostra grandezza nel mondo, non sono forse  prodotti utilizzando silicio e bauxite, minerali estratti in Africa da uomini, donne e bambini in condizioni disumane?
I libri, immagine della nostra cultura, non sono forse prodotti quasi tutti con gli alberi “strappati” alla foresta amazzonica?
Chi indossa i diamanti sa quanto sangue è stato versato per estrarli? Chi li vende che rapporto ha con la propria coscienza?
Se si eliminassero gli sfruttatori la schiavitù scomparirebbe per sempre, ma chi sono costoro?
Chi controlla gli schiavi sul campo, ad esempio in Africa, o chi vende i prodotti in Occidente?
Forse noi stessi, che siamo i consumatori, diamo senso a questa infernale catena.
L’uomo bianco sembra non voler cambiare mai, usa solo mezzi diversi per arrivare agli stessi scopi.
Il colonialismo che adoperava la violenza per conquistare e sottomettere un popolo e sfruttarlo economicamente non esiste più.
I cosiddetti Paesi in Via di Sviluppo (preferibilmente chiamati Paesi sulla Via dell’Occidente) non sono più governati formalmente dall’uomo bianco, ma grazie alla globalizzazione, al mercato libero, alle grandi multinazionali, alla distruzione della cultura originaria, le menti e il corpo delle popolazioni sono ancora controllate dall’Europa e l’America.
Sono questi i luoghi che hanno la maggior percentuale di schiavi nel mondo e forse la colpa è proprio nostra.
Il risveglio delle coscienze avvenuto negli ultimi cento anni negli stati europei ha portato alla firma della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ed a altri importanti passi avanti, purtroppo in parte aggirati da nuove organizzazioni legali e illegali che sfruttano le persone.
L’attivismo in questo campo per fortuna non conosce crisi ed è in notevole aumento e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica può certo far ben sperare, così che tutti un giorno avranno abbastanza informazioni al riguardo e sapranno come comportarsi nei confronti dello schiavo che sta di fronte a noi, lontano da noi oppure riflesso sullo specchio davanti a noi.
Perché essere consapevoli del proprio “grado” di libertà, comprendere fino a che punto arriva la nostra rassegnazione è importante in una società giustamente chiamata “la Megamacchina” dall’economista Serge Latouche, perché la maggioranza di noi è solo un ingranaggio, un componente che in quanto macchina inizia a diventare schiavo.
Dal Bangladesh dove bambine di 10 anni già si prostituiscono in monolocali guadagnando i soldi appena per mangiare, e quindi destinate a rimanere in questa situazione tutta la vita; al Giappone e alla Cina dove i bambini delle scuole medie si svegliano alle sei di mattina per studiare fino all’una di notte, le schiavitù sono molte e variegate ma tutte ugualmente inaccettabili.
Diversi secoli fa Maometto disse apertamente che lo schiavismo era ingiusto. Da quel giorno sono state fatte battaglie per liberare l’uomo. Soprattutto oggi che la parola schiavo viene attribuita a poche persone, rispetto al numero di abitanti del Pianeta, non si può smettere combattere per rendere questo mondo a misura d’uomo.
Per liberare le persone da quelle condizione che le imprigiona e  toglie loro la forza e il tempo per cercare l’unica ragione di vita, la libertà, senza la quale non può esistere la felicità.