martedì 12 febbraio 2013

Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato

Alessandro Tacchino

Come ben sapete, non sopporto recensire film che mi sono piaciuti, ma, ragazzi, capitemi, ho visto solo questo, recentemente. Non sono mai riuscito a leggere "Il Signore degli Anelli" per intero: solitamente mi fermavo alla pagina 80, stanco, guardavo quanto avessi letto e cosa fosse successo nel frattempo; sconsolato, scoprivo di essere ancora al prologo e chiudevo così il voluminoso volume. Ma ho sempre avuto un po' di rimorso, seppur io sia sostenitore dell'irraggiungibile bellezza della saga di "Harry Potter": non si può non riconoscere la superiorità del pensiero dell'autore e il lunghissimo e intricatissimo lavoro che ha dovuto, a suo tempo, compiere per creare un mondo così complesso. Perciò, nonostante la mia pigrizia che mi impedisce di concludere almeno il preludio alla "Compagnia dell'Anello", ho cercato di ricostruire il pensiero di Tolkien attraverso film sicuramente mediocri. E, credetemi, leggere il libro sarà una fatica, guardare lungometraggi da quattro ora cadauno lo è quasi altrettanto. Non me ne vogliano coloro che sanno per certo che il libro è migliore del film: lo so anch'io, solo che io posso giudicare solo per esperienze non personali. Tutto ciò per dire, comunque, che ho visto questo attesissimo Hobbit, il suo viaggio e tutto quello che, poveraccio, ne consegue. La trama è nota e anche se il romanzo è diviso in tre film, sia i lettori che gli amanti del cinema lo apprezzeranno, forse un po' delusi appena usciti dalla sala.
La vicenda inizia come i precedenti film (che in realtà sono i seguenti, nda), ovvero con una voce profonda che narra gli avvenimenti catastrofici e apocalittici che portarono alla vicenda da raccontarsi. Insomma, quelle sequenze che ci fanno domandare: "ma questo super cattivo non poteva farsi i fatti suoi e noi evitavamo di sorbirci tre ore e mezzo di film?". Però sono necessarie, non ci piacciono, ma sono necessarie. Fine del prologo, fine dei popcorn medi che avevamo comprato perché "no, grandi sono troppi, jumbo non ne parliamo, poi esco e vado al McDonald, ingrasso". Soltanto quando scopriamo che non c'è intervallo ci accorgiamo di quanto quella confezione grande di mais scoppiato fosse indispensabile. Comunque, dopo il prologo, inizia la vicenda di Bilbo Baggins, famoso zio di Frodo, che, giustappunto, è la voce narrante, nonché il protagonista. Le sue avventure iniziano quando giunge a Hobbiville lo stregone Gandalf (vorrei aggiungere che mio padre si è posto la stessa domanda dello Hobbit, chiedendosi a cosa serva avere la magia nel suo caso) e gli imbratta la porta di casa con un segno luminoso, che attirerà nientemeno che tanti piccoli Brunetta nella sua casa altrettanto piccola. I nani qui non sono sette ma tredici, e hanno tutti nomi bizzarri e caratteristiche fortunatamente diverse da quelle dei sette di Biancaneve che circolavano un po' troppo di questi tempi. Hanno una missione, tornare nella loro montagna natia, sconfiggere il malefico drago Monti che con l'IMU li ha sfrattati, e riprendersi tutte le proprie ricchezze. Naturalmente, la montagna dove debbono arrivare è a una distanza disarmante, ma i nanetti, con le loro gambette e i loro pony, di buon grado, si mettono in marcia, prendendo la strada, e ci mancherebbe, più lunga; e più pericolosa.
Se dovessi raccontare tutto il film, probabilmente non mi basterebbero le canoniche due colonne di foglio: accontentatevi di sapere che la trama è intricata, movimentata, dettagliata e, per quanto posso saperne, fedele. Non è un film rilassante, salvo qualche battutina di spirito secondo me molto azzeccata, al fine di smorzare un po' un'atmosfera decisamente cupa e soffocante. Quindi non portateci la ragazza perché, nel caso doveste "distrarvi" un momento, quello dopo non capireste niente. La colonna sonora, sappiamo oramai da anni, è una delle migliori, anche qui composta dal buon vecchio Howard Shore, con richiami alla trilogia passata e con tema il lento e pacato cantare dei nani. Questa non delude mai.

Gli effetti speciali sono fenomenali, ma ce lo aspettavamo, e il 3D è ottimo, non troppo marcato né assente, il giusto mezzo, per dire. Qualche scena in cui Gandalf appare come un prete c'è, mi ha pure turbato un po', però non per tutti è stato così disturbante. Un forte richiamo alla Compagnia dell'Anello, e concludo, è lo stregone che applica il metodo brevettato da Belen Rodriguez e che, è stato testato più volte, funziona a meraviglia: manda una farfalla allo scoperto ed ecco che arrivano un sacco di uccelli (nel caso di Gandalf erano aquile).

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