martedì 12 febbraio 2013

L’estrazione (momenti di pura angoscia quotidiana)

Andrea Bottazzi

Lo faccio domani, tanto è robetta facile.
Lo faccio stasera, in classe mi sembrava di aver capito.
Vabbè ormai è tardi, domani mattina gli darò un’occhiata.
Ecco riassunto il mio complicato rapporto di posticipazione con lo studio: sempre la stessa storia quasi ogni giorno. Perché ? Bella domanda, insomma… forse perché le cose studiate all’ultimo rimangono impresse meglio (quando mai?) o molto probabilmente perché sono pigro e disorganizzato. Ma ad una parte di me piace credere che io sia fortunato durante “l’estrazione”.
Ogni classe gli affibbia un nome emblematico: c’è chi la chiama “il sorteggio”, chi “l’esecuzione”, chi “la passeggiata al patibolo” e nel mio breve percorso di scolaro ne ho sentite di tutti i generi.
È la temuta interrogazione, ovviamente senza turni, un confronto orale con il professore che quando è inaspettato colpisce freddo come un serial killer.
Mi ricordo di un fatidico Lunedì di fine Settembre, avevo passato la Domenica gozzovigliando spaparanzato sul divano a bruciarmi i neuroni davanti alla televisione, e mi ero ridotto a leggere l’argomento una sola volta la mattina con un occhio chiuso. Entrato in classe e preso il mio posto, attesi l’arrivo della prof rileggendolo velocemente per la seconda volta, ma senza preoccupazione: non mi aspettavo interrogasse.
Ma all’affermazione: “Bene, cominciamo le interrogazioni” la temperatura in classe si abbassò improvvisamente. Sguardi angosciati, bisbigli di perplessità, risate isteriche, preghiere veloci mentre io nella più assoluta finta tranquillità dissi alla mia vicina di banco: ”Lo sapevo”.
Ero abituato a quel genere di situazioni, bastava stare assente un giorno e non preoccuparsi del fatto che la classe potesse esser stata informata dell’interrogazione l’indomani, e in quei momenti come un giocatore professionale di Poker che và All in al buio mi affidavo solo ed esclusivamente al fato; è spesso mi andava bene.
Essere stato quattro volte consecutive nell’ultimo turno negli anni precedenti mi aveva reso sicuro della mi fortuna, ma per quanto poteva ancora andare avanti? Scrutavo i miei compagni, qualche occhiata di solidarietà e complicità mentre la prof sfogliava il libro in cerca della pagina sentenziante. Pochi secondi che sembravano durare un’eternità, il battito cardiaco accelerava, il respiro si faceva più pesante, brividi lungo la schiena e una sensazione brutale di freddo in tutto il corpo; Poi il giudizio. Numero 22, si ancora una volta avevo vinto, ancora una volta ero riuscito a posticipare; i miei compagni tiravano sospiri di sollievo, c’è chi ringraziava la madonna o chi esultava senza contegno.
Ma quel giorno c’era un’assente, proprio il numero 22, e l’angoscia calò nuovamente senza dare il tempo di riflettere; ma l’attesa durò poco poiché l’addizione (metodo preferito nei casi di un numero a due cifre e assenti) era presto fatta. Il numero 4 era il prescelto; ma chi era il numero 4? Con il nuovo ordinamento della classe non avevo ancora memorizzato …Ah, “Organo Genitale Maschile”. Ovviamente io, che dopo una serie ineguagliabile di vittorie ero caduto in battaglia, ripassando velocemente in corner le parole chiavi dell’argomento e avviandomi con passo cadenzato verso la cattedra, con la sensazione di esser stato pugnalato alla schiena
Per forza di cose ci deve essere una morale, perché fa molto “cool” fare i perbenisti, quindi il mio consiglio è cercare di combattere quel mostro che è la pigrizia e affrontare lo studio poco per volta e sovente, perché nonostante questi momenti di pura angoscia in futuro possano regalare grasse risate (almeno spero, l’intento era quello) un 8 tondo e panciuto fanno sempre comodo di un accaparrato 6-- ottenuto solo grazie all’eventuale simpatia che la prof prova per te.

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